Anche se concepito nel 1830, mentre Guerrazzi era relegato per motivi politici a Montepulciano, il racconto La serpicina pubblicato per la prima volta nel volume degli Scritti (1847) porta in sé le propaggini di un modello fiabesco cui altri sapranno far tesoro nel secondo Ottocento. Rivisitando un’argutia del gesuita secentista Carlo Casalicchio di cui sovverte i termini, Guerrazzi conferisce all’apologo originale la tessitura orale necessaria per immetterlo in quella specifica modalità della fiaba inaugurata nelle Metamorfosi di Apuleio. Ma alla «vecchierella sciocca e ubriaca» che narra la fabella di Psiche, subentra nel testo di Guerrazzi la figura di Lazzaro il tintore tutto di turchino vestito, con «turchine le mani, ed anche la faccia turchina», che a sua volta si improvvisa narratore alla stregua delle «femmene […] chiú provécete e parlettere» messe in scena nello Cunto de li cunti da Giovan Battista Basile.
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