Delle 13 colonie fondate dagli inglesi nel Nord America, la Georgia fu l’unica ad essere promossa e sostenuta, anche economicamente, da un gruppo di filantropi, i Fiduciari, che misero a disposizione i propri capitali per aiutare poveri, diseredati e galeotti a vivere nel Nuovo Mondo. Il progetto ideato da James E. Oglethorpe, che ottenne il charter del re nel giugno 1732, era di impiantare al confine con la Carolina del Sud una comunità di famiglie di piccoli agricoltori, artigiani e commercianti, i quali, avendo a disposizione sussidi, sarebbero stati in grado di mantenersi senza schiavi. Dalle Lettere di Oglethorpe, unico Fiduciario che accompagnò la spedizione in Georgia, emergono molti particolari riguardanti le esigenze dei coloni, i rapporti con gli indiani e le notizie sul conflitto con gli spagnoli della vicina Florida. Peter Gordon, invece, un tappezziere che venne nominato primo magistrato della colonia, ripercorre nel suo Diario la storia degli inizi fornendo la propria versione dei fatti e, nel contempo, si fa portavoce delle rivendicazioni dei così detti “Malcontenti”, che chiedevano l’abolizione dei divieti di bere rum e di possedere degli schiavi. La visione utopica di una società che non avrebbe conosciuto né i mali della schiavitù né l’uso del rum, proibito perché nocivo soprattutto agli indiani, non resse a lungo il paragone con le condizioni di vita presenti in Carolina, dove i Bianchi si arricchivano facilmente grazie al lavoro dei “Negri”. Nel 1742 fu ammesso l’uso del rum e nove anni dopo venne abolita la proibizione della schiavitù. Nel 1752 i Fiduciari restituirono al re la Georgia, che divenne una colonia reale, rimasta ormai priva delle motivazioni ideali che avevano costituito i presupposti per la sua fondazione.
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