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Le nuove giustificazioni della tortura nell’età dei diritti
a cura di Marco Di Giovanni, Cinzia Rita Gaza, Gabriella Silvestrini

Con contributi di: Marina Lalatta Costerbosa, Gianluca Dioni, Marco Colombo, Franco M. Di Sciullo, Muriel Montagut, Mariangela Pugliese, Caterina Mazza, Rosa Porasso, Paolo Garbarino, Diego Guzzi, Eleonora Natale, Cecilia Pennacini, Alessandro Algostino, Giulio M. Salerno, Marta Picchi, Maria Bottiglieri, Alessandra Gianelli, Gabriella Silvestrini, Marco Di Giovanni, Cinzia Rita Gaza

Settori disciplinari:
IUS_20
SPS_02


Isbn: 9788860749130
Pagine: 370
Anno di pubblicazione: 2017
Collana: Link-Studi politologici

Capace di una prolungata e silenziosa resilienza occultata negli spazi extragiudiziali che talvolta anche le democrazie hanno lasciato aperti –nella prassi repressiva più che in quella investigativa – la tortura torna dopo l’11 settembre a proporsi come strumento accettato e fruibile anche per gli Stati di diritto. Non più prerogativa esclusiva, dichiarata e qualificante delle pratiche del terrore di poteri autocratici, essa dovrebbe risolvere in chiave utilitaristica, garantendo un bene collettivo a fronte di una circoscritta deroga ai principi, il gap di sicurezza di società “dei diritti” investite dalla minaccia di un nemico crudele, nichilista e inafferrabile.

Il volume affronta questa drammatica e problematica riemergenza delle giustificazioni della tortura nell’età dei diritti a partire da un serrato dialogo tra discipline, dalla storia del pensiero politico e delle istituzioni alla riflessione giuridica, filosofica e politologica. 

Il percorso del lavoro mira a smantellare gli scenari che sottendono a questa riproposizione, delineandone il carattere eminentemente ideologico e mettendo allora a fuoco la fenomenologia della tortura e le sue caratteristiche prime, ponendola in relazione con le esigenze di una sovranità punitiva piuttosto che con quelle, etiche o funzionali e operative, della “verità”. Non strumento di “indagine”, come si vorrebbe, ma messaggio simbolico e paurosamente loquace, tanto per i soggetti avversi quanto per il proprio o il contiguo campo. 

Il ritorno della tortura si nutre così del ritorno della “guerra” aprendo altresì il campo ad altri più o meno interstiziali “abusi”, confermandone l’ineludibile vocazione a scardinare il ruolo tutorio e di garanzia che legittima lo Stato a fronte del Diritto e dei diritti.

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