Durante la Seconda guerra mondiale l’Umbria fu attraversata da migliaia di prigionieri di guerra alleati. Chi erano e da dove venivano? C’erano quelli diretti ai campi del nord Italia, in Germania o in territori controllati dai tedeschi, che erano stati presi prigionieri in nord Africa o sui fronti di Anzio e Cassino. C’erano quelli venuti in camion aperti dal campo PG 54 Fara in Sabina, a nord di Roma, per costruire i campi PG 77 a Pissignano e PG 64 a Colfiorito, oppure per sostituire i lavoratori italiani nelle fabbriche di cemento e mattoni, detenuti nei campi PG 115 a Morgnano o PG 115/3 a Marsciano. C’erano gli appartenenti ai SAS (Servizi Aerei Speciali) paracadutati per svolgere missioni speciali. C’erano aviatori americani i cui aerei erano stati abbattuti nei cieli umbri, alcuni dei quali riuscirono a sfuggire alla cattura, e soldati evasi dai campi o dai treni, che tentavano di raggiungere le loro linee o la Svizzera neutrale, camminando lungo l’Appennino. C’erano due fuochisti del sommergibile britannico Saracen che furono detenuti nelle carceri civili di Perugia prima di essere inviati a Dachau e poi a Buchenwald. La sorte di questi prigionieri spaziava dalla morte alla salvezza. Per alcuni di loro l’Umbria è stato il loro ultimo o penultimo luogo di riposo. La maggior parte degli eventi documentati in questo libro non è stata resa nota al pubblico in precedenza. La documentazione non manca, ma si trova principalmente negli archivi britannici e del Commonwealth. Contrariamente ai prigionieri jugoslavi e montenegrini, le vicissitudini dei prigionieri di guerra alleati in Umbria non sono mai state oggetto di attenzione da parte degli storici locali. Il professor Ruggero Ranieri della Fondazione Ranieri di Sorbello ha descritto quest’opera come “il primo studio prosopografico sui prigionieri di guerra alleati in Umbria”.
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