Se nelle culture aniconiche (quella ebraica, quella islamica) l’immagine è bandita, o perlomeno disciplinata con severità, il destino dell’Occidente moderno è segnato, al contrario, da una circolazione proliferante delle immagini: fino al vortice bulimico reso possibile dai nuovi media. Il vorticare sempre più rapido delle immagini ha però una condizione, che si allenti il legame tra l’immagine e la cosa. Alleggerendosi del loro peso – del loro significato originario, della loro funzione originaria – le immagini tendono a diventare assolute, o come dicono i teorici dell’immagine liberata, a «emanciparsi», fino a sostituire la cosa stessa. Questo scenario, che le teorie del «postmoderno» e le nuove tecnologie hanno reso abituale, e che deve non poco alla teoria nietzscheana del dissolversi della verità e del suo risolversi in «favola», non è però, come si è portati a credere, uno sviluppo recente, le cui origini risalirebbero alla rivoluzione romantica. La cultura occidentale piega in questa direzione – la direzione del Vortice – fin dall’alba del Rinascimento, con gli eventi decisivi che segnano la fine della tradizione medievale: l’invenzione della prospettiva in pittura e la scoperte delle potenzialità straordinarie connesse all’immagine in prospettiva, l’evolversi della scena sacra in senso teatrale (ossia il suo estetizzarsi), la nascita dell’Artista moderno come soggetto assoluto, dotato di prerogative divine.
Ma l’arte sarà davvero riducibile alla sfera estetica, che nell’orizzonte moderno la rende assoluta, o questa non ne sarà piuttosto un sostanziale tradimento?
Flavio Cuniberto insegna Estetica all’Università di Perugia. Dopo gli studi in Filosofia a Torino, a Monaco e a Berlino, ha attraversato campi di ricerca in apparenza eterogenei e lontani, dalle teorie estetiche del primo Romanticismo al platonismo classico, dalla cultura tedesca del ’900 alla mistica cristiana e cristiano-orientale, dal problema del «rinascimento» nelle arti figurative alla dinamica delle immagini nella società moderna e contemporanea. Il filo rosso che tiene insieme queste scorribande è l’idea – in sostanza platonica – di una metafisica intesa non come puro «sapere» ma come prassi, come pratica articolata della parola e dell’immagine, e l’analisi della sua progressiva sparizione (o delle sue metamorfosi) nell’orizzonte moderno.Tra le sue pubblicazioni più recenti: Il cedro e la palma. Note di metafisica, Medusa 2008; La foresta incantata. Patologia della Germania moderna, Quodlibet 2010; Germanie. Taccuini tedeschi, Morlacchi 2011; Il vortice estetico, Morlacchi 2015.
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