Paul et Virginie di Jacques-Henri Bernardin de Saint-Pierre è un’opera in cui studiosi e critici hanno ravvisato nel tempo temi come quello del mito del buon selvaggio, dello sfortunato amore tra i due giovani, della virtù, della fede, financo di una certa critica dell’autore alla società contemporanea. La novità di questo saggio, invece, risiede nella capacità che la sua autrice ha avuto di intuire una diversa sfaccettatura presente nel romanzo e cioè l’incontro e scontro tra due mondi allo stesso tempo vicini e lontani, quello della colonia e quello della madrepatria. Attraverso una dettagliata analisi delle caratteristiche psicologiche dei diversi personaggi, dei loro comportamenti, delle vicende che si alternano coinvolgendo ora questo ora l’altro protagonista, Ilaria Savarese ha saputo portare alla luce quanto Bernardin de Saint-Pierre ha a volte lasciato intravedere nel suo scritto: un’umanità complessa e variegata che riflette modelli di vita abbastanza diversi, destinati a confondersi in quanto hanno di somigliante o a scontrarsi nella reciproca inconciliabilità. Il saggio, ricostruendo la genesi dell’opera, analizzando i vari personaggi – inclusi il tempo e lo spazio che assumono molteplici significati nell’economia generale del racconto – ed infine soffermandosi sulla figura del Vieillard in quanto trait d’union tra i due mondi, diviene una sorta di viaggio nel diciottesimo secolo, che permette al lettore di scoprire i luoghi esotici descritti con magnificenza da Bernardin de Saint-Pierre, ma anche i pensieri, i sentimenti, le gioie e i dolori che l’autore sa sempre narrare con perizia e finezza.
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