Bollettino della Società Filosofia Italiana - 01.02.2007
di
Cristina Bonellileggi l'articolo
L. Rossetti C. Chiapperini (a cura di), Filosofare con i bambini e i ragazzi. Atti delle giornate di studio di villa Montesca (Città di Castello, 31 marzo 3 aprile 2005).
Parlare oggi, in Italia, di filosofia con i bambini non suscita più scandalo né trova quelle resistenze che incontrarono invece, negli anni '70, le pubblicazioni dei primi lavori dell'americano Mattew Lipman, pioniere di tali esperienze con la sua Philosophy for children (P4C). Da allora tanto nella scuola e nella filosofia (sia accademica che didattica) è cambiato: la scuola, nei suoi ormai numerosi progetti di riforma, ha tentato (e in alcuni contesti anche sperimentato) l'estensione dell'insegnamento della filosofia prima agli ordini non liceali e poi nei bienni superiori; la cultura filosofica accademica italiana, abbandonata progressivamente l'idea della filosofia verità, si sta aprendo alla proposta della filosofia esperienza, con funzione più edificante che dimostrativa, finanche di 'cura' del pensiero e dell'umanità, accogliendo pure all'interno del mondo universitario alcune delle ormai molteplici 'pratiche filosofiche' (il counseling sta transitando dalle associazioni/tirocini di gruppo ai master universitari, la formazione alla P4C da qualche anno è gestita anche attraverso un corso di Perfezionamento presso l'Università di Padova). La didattica della filosofia, infine, in sintonia con tutto ciò, sempre più sperimenta approcci di didattica laboratoriale che hanno introdotto la pratica del filosofare anche nel concreto lavoro in aula, considerando il laboratorio non come una semplice ed esteriore tecnica d'insegnamento ma come lo stesso esercizio del pensiero filosofico nella sua possibile riproducibilità didattica.
Anche la SFI che vuole riunire, nel confronto e nel dibattito, il mondo accademico a quello dell'insegnamento liceale ha visto sorgere, quasi dal proprio interno, un'associazione specificamente finalizzata a raccogliere e documentare le esperienze didattiche di filosofia con i bambini: Amica Sofia infatti, costituitasi nel 2002 a Perugia ad opera di Livio Rossetti, Chiara Chiapperini e Alberta Federico, dichiara il proposito di «coltivare il potenziale filosofico dei bambini» e di favorire l'integrazione e il confronto tra tutti quelli che operano e propongono «qualcosa di filosofico» nel contesto della scuola dell'obbligo.Ed è appunto a realizzazione di tal fine che si è svolto, dal 31 marzo al 3 aprile 2005 a Città di Castello, un seminario di studio e di dibattito sul 'filosofare con i bambini e i ragazzi' che ha riunito nella splendida Villa della Montesca, luogo simbolico per il pensiero pedagogico, numerosi teorici ed operatori del filosofare con l'infanzia. Da quell'incontro, questo volume che raccoglie quasi tutti gli interventi di quelle giornate, distribuendo i contributi in tre sezioni: la prima riguarda i 'modelli' di riferimento (dalla P4C – presente nei suoi storici maestri e divulgatori in Italia A. Co¬sentino, M. Santi, M. Striano, F. Pulvirenti e M. Lupia ad altre proposte e percorsi nel frattempo maturati nel contesto italiano a Pisa, Napoli ed Ancona e presentati dai proff. lacono, Ferraro e Ven¬tura, ad osservazioni più strettamente psico pedagogiche come quelle esposte dai proff. F. Cambi, R. Regni e G. Mollo, oltreché l'importante e significativo intervento del prof. W Kohan dell'Uni¬versità di Rio de Janeiro già presidente dell'ICPIC, il Consiglio Internazionale per la Ricerca Filosofica con i Bambini); la seconda sezione presenta invece alcune significative esperienze di 'filo¬sofare' (nella scuola primaria di W. Pilini e di C. Finamore, nella scuola media di S. Giombini, nel biennio superiore di M. Villani, attraverso le TIC di A. Porcarelli, con gli adulti di V. Rossi, di va¬lutazione dei docenti di A. Valenziano); mentre la terza sezione raccoglie tre interventi di sintesi/valutazione di alcuni esperti (un filosofo, il prof. Rizzacasa, un pedagogista, il prof Nanni e un'ispet¬trice ministeriale da sempre attenta sostenitrice dell'innovazione didattica della filosofia, la prof. A. Sgherri) osservatori delle giornate della Montesca. Chiude il volume un'appendice che presenta al¬tri contributi risalenti a un ulteriore momento di confronto tra esperienze di filosofia nella scuola dell'obbligo, svoltosi sempre alla Montesca nel giugno 2006.
Vario e diversificato è il panorama di modelli e di esperienze didattiche della filosofia con i bambini che ne emerge, ma più che sulle specificità mi piace insistere ed evidenziare i nuclei di condivisione che mi sembrano potersi articolare intorno ad alcune questioni chiave.
Perché far filosofia con i bambini? Perché, come dice Cambi, nell'età fluida, nomade e incerta del post moderno e del post umano, «la filosofia si fa sapere per l'uomo e per la sua formazione e in ciò rilancia l'anthropos al centro del philosophari»: la filosofia propone il sapere come esperienza, capacità concreta d'interrogazione e di riflessività, pratica di costruzione identitaria e in ciò «cura sui», lifelonglearning, cioè formazione per tutta la vita, formazione del sé e perciò fattore di umanizzazione. Fuori e contro ogni metafisica, la filosofia si lega all'esistenza tornando verso «quel paradigma antropologico che si rende più urgente e problematico proprio in quel tempo del post human adveniente» che caratterizza la nostra dis umana soglia epocale. Allora fare filosofia con i bambini, come ci dice anche G. Ferraio, è «per vantaggio loro e nostro»; non una filosofia a misura dei bambini quindi, né la filosofia tradizionale privilegio di pochi, ma la filosofia come diritto di tutti e «di ognuno di chiedersi di sé, della propria vita, di fare mondo insieme. Di dare mondo alla vita e dar vita al mondo», perché il bambino è un filosofo la cui mente ha bisogno di immaginazione ed esattezza, attratto e affascinato dall'enigma e dalla grandezza (Regni), è un filosofo in quanto naturalmente capace di frantumare l'ovvio, dotato com'è di senso creativo e critico (lacono), è un filosofo quando gioca a pensare e in ciò costruisce la propria identità in modo consapevole e non limitato da stereotipi e pregiudizi (Pulvirenti).
Quale filosofia cori i bambini? La proposta di A. Cosentino è: «partire dal filosofare che è accessibile a tutti, quindi anche ai bambini» per poi in seguito arrivare alla filosofia come disciplina, invertendo così lo schema fissato nelle nostre istituzioni scolastiche della relazione tra filosofia disciplina e filosofia pratica. Già, ma cos'è filosofare? Una pratica sociale fondata sul domandare e sul dialogare, aggiunge Cosentino, che trova in Socrate la sua mitica origine, Un filosofare che sviluppa l'intelligenza ma anche la creatività, che permette l'invenzione e il pensiero divergente, le rotture cognitive quanto l'emozione e la partecipazione all'apprendere. Una filosofia etica e cognitiva/metacognitiva insieme, ma anche libera ed aperta: «il filosofare si accompagna all'enigma del mondo, non lo risolve, ma lo mantiene e lo alimenta, non lo mitiga» ci dice W. Kohan, invitando gli insegnanti a permettere che i bambini percorrano un loro cammino di ricerca di sé, fuori da modelli pedagogici predefiniti. E proprio la filosofia, intesa in questo senso, potrà forse tornare a svolgere il ruolo di nuova debole forma di unitarietà dei superi, 'forma' nel senso che la sua funzione, non più sicuramente fondativa (la filosofia come 'forma' corretta della conoscenza), sarà invece metodologica: la filosofia/filosofare insegna ed esercita l'attività della problematizzazione aperta, della critica creativa, della ricerca e riflessione incessante. Un metodo che è anche il suo stesso valore e contenuto poiché, con Epicuro, «né il giovane indugi a filosofare né il vecchio di filosofare sia stanco. Non si è né troppo giovani né troppo vecchi per la salute dell'anima».
Come far filosofia cori i bambini? Vale a dire: quale metodo/non metodo (e pure questa è un'opzione metodologica) per il filosofare con i bambini? Se l'impianto metodologico della P4C ri¬sulta chiaro e definito nei suoi riferimenti ben esplicitati e riportati in alcuni contributi (Lupia. Stria¬no), altre esperienze, pur fondandosi su pratiche euristiche e creative, se ne distaccano elaborando
diversi metodi o rifiutando prefissati criteri metodologici. Mi pare comunque di poter indicare, co¬me comune impostazione del filosofare con i bambini. il metodo della comunità d'apprendimento, una dimensione sociale e collaborativa di pratica di ricerca che privilegia la co costruzione della co¬noscenza e la sua elaboratizione/ricostruzione in forma metacognitiva. L'elemento davvero comune a tutte le esperienze resta cioè, in definitiva, una didattica attiva che permetta di provare a 'fare' filosofia, che insegni a problematizzare attraverso la valorizzazione della domanda, a concettualizzare attraverso diversificati esercizi di elevazione della propria esperienza, a confrontarsi con l'altro attraverso un autentico e vissuto dialogo.
Ma ovviamente, come (quasi) nessun docente ha purtroppo studiato didattica prima d'insegnare e anzi ha imparato a insegnare sul campo, così anche nel filosofare con i bambini centrali risultano l'esperienza e le occasioni dì confronto con loro, ali apparati strutturali di supporto, aiuto, scambio, i momenti di verifica/valutazione che ci aiutano a crescere nella professionalità e ad uscire dal dilettantismo e dallo spontaneismo didattico, affinando metodi e strumenti e rnisurandoci sugli esiti dell'apprendimento di ogni allievo, poiché non è affatto vero che tutte le metodologie e le didattiche siano uguali. È quindi necessario e decisivo investire sulla nascita di reti di comunicazione, confronto, scambio di esperienze didattiche e di valorizzazione delle pratiche migliori, sulla consapevolezza delle strumentazioni e sulle metodologie finalizzate all'apprendimento al massimo livello di potenzialità per ognuno, poiché la didattica non è un'arte estemporanea, ha invece propri statuti, proprie competenze ed è determinante per i risultati.
In conclusione, rilancio allora l'auspicio dichiarato da Mauro Di Giandomenico, Presidente della SFI, che Amica Sofia continui ad adoperarsi per monitorare la situazione, ma aggiungo anche che, dopo la condivisione, testimoniata anche da questa pubblicazione, sulla pertinenza, adeguatezza, opportunità della filosofia nella scuola dell'obbligo e sul filosofare come sua strategia e operatività, il prossimo tavolo di confronto possa e sappia centrare maggiormente l'attenzione sui metodi e sugli esiti/prodotti focalizzando l'idea di filosofia sottesa alle diverse metodologie/esperienze, in quanto sono convinta che la professionalità docente sia costituita anche da una varia e diversificata padronanza di metodi: «le idee più importanti vengono trovate per ultime, ma le idee più importanti sono i metodi» (F. Nietzsche). Il metodo (e ribadisco: anche il non metodo) o la via, la strada attraverso cui dal contesto di partenza si cerca di ottenere il massimo risultato possibile, perché ogni esito d'apprendimento è direttamente condizionato dal percorso scelto per ottenerlo.
Concludo ritornando alla dichiarata necessità di pensare la forma del nostro insegnamento in relazione al tempo e allo spazio in cui si svolge: nell'epoca della fine della Filosofia, nel mondo pluriverso della frammentazione/frantumazione da una parte e delle identità irriducibili dall'altra, della virtualità e della contaminazione tra i saperi, cosa resta della filosofia e in quale pratica essa si può dare? Ecco. la sfida didattica del filosofare con i bambini si colloca nell'orizzonte di questa domanda e mi pare sostenuta dalla decisa convinzione di voler fare 'ancora' filosofia dopo la Filosofia, infatti questa proposta si può forse leggere nel senso del pensare le nostre forme d'insegnamento non solo in quanto semplici tecniche d'insegnamento, ma soprattutto come possibili forme del discorso filosofico nel nostro tempo, un tempo di complessità, di incertezza, ma anche di ricco, diversificato, plurale, fecondo incontro.
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