Anche l’amore per i luoghi, come ogni amore, richiede pazienza e assiduità. Bisogna saperli interrogare e soprattutto ascoltare, perché il linguaggio in cui si esprimono è simile al silenzio. Quello che Platone diceva della dialettica nella Lettera VII – che solo un’assidua e amorosa frequentazione fa sprigionare la scintilla – si può dire, probabilmente anche dei luoghi: solo a chi li ama con assiduità svelano il loro segreto. E tuttavia è vero anche il contrario, e nulla è più eloquente della prima impressione, quella che si offre, immediata, al primo sguardo, e non teme smentite.
Flavio Cuniberto insegna Estetica all’Università di Perugia. Dopo gli studi in Filosofia a Torino, a Monaco e a Berlino, ha attraversato campi di ricerca in apparenza eterogenei e lontani, dalle teorie estetiche del primo Romanticismo al platonismo classico, dalla cultura tedesca del ’900 alla mistica cristiana e cristiano-orientale, dal problema del «rinascimento» nelle arti figurative alla dinamica delle immagini nella società moderna e contemporanea. Il filo rosso che tiene insieme queste scorribande è l’idea – in sostanza platonica – di una metafisica intesa non come puro «sapere» ma come prassi, come pratica articolata della parola e dell’immagine, e l’analisi della sua progressiva sparizione (o delle sue metamorfosi) nell’orizzonte moderno.Tra le sue pubblicazioni più recenti: Il cedro e la palma. Note di metafisica, Medusa 2008; La foresta incantata. Patologia della Germania moderna, Quodlibet 2010; Germanie. Taccuini tedeschi, Morlacchi 2011; Il vortice estetico, Morlacchi 2015.
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