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Catiuscia Marionni
«O che felice incontro»
Il primo libro dei Madrigali a cinque voci di Pompeo Signorucci (1602)
Settori disciplinari:
L_ART_07


Isbn: 9788888778846
Collana: Quaderni di esercizi. Musica e Spettacolo

Felice incontro del poeta con la bella Filli che «mentre un bacio mi dona il cor mi fura», come si legge nel secondo dei diciassette madrigali a 5 voci di Pompeo Signorucci pubblicati a Venezia nel 1602; ma anche felice incontro del musicista con il suo “mecenate”, conosciuto sulla strada per Roma in occasione del giubileo del 1600, come si legge nella dedica del volume indirizzata a Francesco Anastasi «gentilhuomo perugino»; ed ancora felice incontro di poesia e musica, come possiamo aggiungere noi dopo aver “ascoltato” (per ora mentalmente) il sapiente ed equilibrato intreccio di voci nell’edizione di questo libro di madrigali.I madrigali pubblicati in Italia tra gli anni ’30 del Cinquecento (data in cui il genere è attestato per la prima volta) e gli inizi del Seicento (allorquando questa forma rinasci-mentale per eccellenza passò di moda) sono molto numerosi; e numerosi sono anche gli autori, dei quali si è persa in gran parte la memoria. Ma ecco che, grazie alle ricerche condotte, quasi “per incanto”, un semplice nome torna ad essere realtà. E così, attraverso le pagine di questo libro, possiamo seguire la vicenda umana ed artistica di Pompeo Signorucci (1571-1608), conoscere il contesto in cui visse ed operò, la città natale di Sansepolcro, i suoi contatti con Pisa, Perugia, Roma e Firenze. Organista e maestro di cappella, esordì come compositore nel 1594 con una canzonetta a 3 voci edita nel Secondo libro di canzonette di Gasparo Torelli (1572-1613), un altro musicista e letterato biturgense suo contemporaneo che fu attivo a Padova. Poi, Signorucci pubblicò il Primo libro di madrigali a 5 voci e molta musica sacra: concerti ecclesiastici, salmi e falsibordoni, mottetti e messe, come si addiceva alla sua condizione di ecclesiastico. Di lui parla anche Adriano Banchieri, nel 1609 e nel 1628, molti anni dopo la sua scomparsa. Gli allievi e gli amici lo definiscono «cigno novello» o «Dolce cigno, ch’inviti / Con dolce canto in vaghi accenti, e novi / L’alme à obliar le lor corporee forme».

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