Se è vero che la letteratura si può concepire, con Hans Robert Jauß, come un “processo dialogico di elaborazione del mito”, allora la grande drammaturgia tedesca ne dà ampia prova. Nel Trauerspiel barocco di Gryphius, nel dramma borghese di Lessing, nei poemi drammatici goethiani, nelle tragedie storiche di Schiller e Grillparzer, come nel teatro di Heinrich von Kleist, August Klingemann e Georg Büchner, il riferimento al mito è ora esplicito, ora nascosto, ora aderente alle fonti e al loro messaggio, ora più libero, allusivo, se non addirittura ironico e disgregante. Quest’ultima tendenza, cioè la rilettura scettica, la riscrittura estraniante dei testi mitici, si rivela prassi sempre più diffusa, man mano che l’indagine si sposta verso la drammaturgia del Novecento. Da Hofmannsthal a Brecht, da Ilse Langner ad Anna Seghers, da Tankred Dorst a Heiner Müller ed Elfriede Jelinek, le figure mitiche vengono inserite nell’orizzonte di una decisa modernità e confrontate con le nostre inquietudini psicologiche, politiche, etiche. E, mentre lo sperimentalismo di Friederike Mayröcker intesse di miti la finissima rete linguistica dei suoi radiodrammi, Fritz von Herzmanovsky-Orlando attinge a piene mani alla mitologia greca per popolare con personaggi strampalati le sue commedie grottesche.Con i saggi qui raccolti, una ventina di germanisti attivi in Italia e in Germania rendono omaggio a Maria Fancelli, autorevole studiosa della lette-ratura e del teatro tedeschi.
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